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Trasporti

Da responsabile per il Partito Democratico di Trasporti e Infrastrutture, nel 2012 ho realizzato un progetto, in collaborazione con L'Unità e con yoyocommunication, chiamato L'Italia che si muove.

Mi fa piacere riprenderlo su questo sito perchè è tuttora (purtroppo) attuale.

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Dove andiamo? Nell'Italia che si muove
19 novembre 2012

Dov'è che andate, che non ho mica capito bene?

Ce lo siamo sentiti chiedere più volte in queste settimane in cui cercavamo di spiegare la nostra idea, il nostro progetto sull'Italia che si muove, o che ci prova a muoversi, tra mille difficoltà. Ecco, noi lì vogliamo andare, in mezzo a quelle difficoltà. Percorrendo l'Italia da sud a nord, proveremo ad ascoltare e a raccontare. Dodici tappe attraverso le regioni italiane, viaggiando sui treni dei pendolari, sui traghetti, lungo le strade e le autostrade dai lavori infiniti, evidenziando i disagi ma anche le buone pratiche che (alcune) amministrazioni hanno saputo mettere in campo nell'interesse dei cittadini. Raccogliendo le voci dei tanti italiani che viaggiano per lavoro, per studio, per cultura, per amore, per necessità. Storie di italiani in movimento, sugli autobus, in metro, su distanze lunghe ma anche nel breve tragitto casa ufficio o drammaticamente fermi in mezzo al traffico. E se, come diceva Proust, un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi, noi ci proveremo ad avere quello sguardo nuovo, diverso. Il Dipartimento Trasporti del Partito democratico si mette in viaggio, per dare voce alle tante realtà di questo settore. Dai pendolari, agli studenti, agli imprenditori, ai lavoratori.

In questo spazio, dalla settimana prossima vi racconteremo tutto, senza limitarci alla semplice descrizione dell'esistente, ma provando a proporre idee e possibili soluzioni.

La prima tappa sarà in Sicilia, vi racconteremo delle difficoltà di collegamento ma non solo, risaliremo lungo la tristemente famosa Salerno Reggio Calabria e faremo una deviazione al Porto di Gioa Tauro.

Se riusciremo a dare il nostro contributo, anche piccolo, per rendere gli spostamenti degli italiani più efficienti, moderni e logici, avremo raggiunto l'obiettivo. Noi intanto partiamo, insieme a chi ogni giorno già si muove.

Porto di Gioia Tauro

Italia che si muove/1 – Sicilia, Calabria, il ponte e una strada che non va

30 novembre 2012

Siamo partiti. Come annunciato nei giorni scorsi il Dipartimento Trasporti del Pd ha iniziato il suo viaggio a tappe nell’Italia che si muove. Siamo partiti dal sud, dalla Sicilia. Il nostro, mi piace ripeterlo ancora una volta, è e sarà un viaggio collettivo, vedrete e sentirete tante voci, voci che ci parlano dell’Italia e delle difficoltà (della bellezza, a volte) di muoversi in questo Paese. Con Giuseppe Provenzano, giovane ricercatore Svimez nato in Sicilia, ci incontriamo a Catania. “Quasi tutta la rete ferroviaria della Sicilia è a un solo binario – ci racconta – da Catania a Palermo c’è un solo regionale al giorno che impiega quasi tre ore”. Con tre ore si vola da Roma a Londra, mi viene da pensare, e probabilmente lo pensano anche alcuni dei ragazzi che vedo correre in stazione per non perdere l’unico treno giornaliero per la loro destinazione.

Lasciamo Catania e ci mettiamo in macchina alla volta di Messina; lungo la A18, dai finestrini, scorre il panorama di una terra che definire bellissima sarebbe banale se non fosse così vero. Sul versante stradale in questi anni ci sono stati dei miglioramenti, “la Sicilia orientale – ci dice Provenzano – è legata da una continuità autostradale che va da nord a sud, da Messina a Rosolini, tuttavia ancora molto resta da fare e il completamento dell’anello costiero autostradale sembra una chimera”. Senza un’inversione di rotta le zone interne, qui come in molte parti del Mezzogiorno, rischiano l’isolamento e lo spopolamento, e “l’unica mobilità possibile sembra essere quella dell’emigrazione”.

Arrivati sullo stretto la Calabria sembra davvero vicina, quasi da poterla toccare. E l’idea del Ponte risuona nelle orecchie dopo averne tanto sentito parlare. Un’idea, lo diciamo subito, che non condividiamo per mille motivi. Un’opera inutile, costosa ma soprattutto dannosa.

“Abbiamo perduto vent’anni a discutere inutilmente del Ponte – ricorda Provenzano – mentre crollavano gli investimenti nelle reti di collegamento”. E’ la stessa cosa che ci dice Salvatore Ciccone, architetto calabrese, che incontriamo a Villa San Giovanni, “con la scusa di fare il Ponte hanno prosciugato tutti i fondi per le altre infrastrutture, oppure li hanno spesi per opere propedeutiche al Ponte, come la variante di Cannitello, costata 26 milioni di euro, e se poi il Ponte non si fa?”.

Già, se il Ponte non si fa, come mi sembra evidente che non si debba fare, chi risarcirà siciliani e calabresi (e con loro tutti gli italiani) del tempo perso e del mancato ammodernamento di questo pezzo d’Italia?

Ripensiamo alle informazioni che ci vengono fornite: 3.3 km la lunghezza stimata del Ponte; mentre il più lungo ponte sospeso esistente al mondo è 1,9 km; l’alto rischio sismico; un fondale che diventa subito profondo; 700 unità abitative con l’ingiunzione di sfratto per costruire la piattaforma; i costi lievitati in pochi mesi di progetti e preventivi; la quasi certezza che anche a farlo, il Ponte, mai ci potrebbe passare sopra un treno, troppo pericoloso; mentre dunque discutiamo di questi dati, ci raggiunge Rosa Calipari, deputata calabrese del Pd. Con lei percorriamo la Salerno Reggio Calabria, a torto o a ragione, il simbolo di tutto ciò che non funziona nelle infrastrutture e nei trasporti italiani. Una ferita, con 91 km di cantieri ancora aperti, 58 km e 7 svincoli non ancora appaltati, circa 7 mld di euro spesi dal 2001 ad oggi e 3,5 mld ancora da trovare, necessari per il suo completamento. Questo per stare solo ad alcuni numeri, ma i numeri raccontano solo una parte del problema.  “I tempi si sono allungati a dismisura – dice l’on. Calipari – perché questa regione è martoriata dalla criminalità organizzata”. E intanto, lungo la carreggiata, scorrono i cantieri, le deviazioni, le gallerie non ancora pronte, la segnaletica dei lavori in corso, per una fotografia che da decenni sembra sempre uguale a se stessa.

Abbandoniamo la SA-RC ed entriamo nel Porto di Gioia Tauro. Il principale porto italiano di transhipment, ossia un porto dove ogni giorno vengono scaricati migliaia di container e messi su altre navi, per poi raggiungere i porti di destinazione finale. E’ un momento non facile questo per il Porto di Gioia, la crisi morde. “Abbiamo chiesto al Governo e all’Unione Europea – ci dice Calipari – di considerare quest’area bisognosa di risorse europee per la parte infrastrutturale. Per recuperare competitività, inoltre, serve ridurre tasse e accise sul carburante nel Porto di Gioia”. Non sfugge a nessuno, però, pur con tutti i distinguo del caso e l’obbligo di evitare generalizzazioni, che il tema criminalità torna ancora una volta anche sul Porto di Gioia. Cocaina, questo il grande business miliardario messo in piedi dalle ‘ndrine, e che purtroppo vede questo Porto come uno degli snodi principali del narcotraffico in Italia. “Nel 2006, con il Governo Prodi, aumentammo i controlli – dice Calipari – con un forte coordinamento tra forze dell’ordine, guardia di finanza e intelligence. Ma resta il tema, per me fondamentale, che ci deve essere una crescita della cultura della legalità in questa zona. La legalità è come le infrastrutture, è una premessa”.

Questo porto avrebbe tutto per essere tra i migliori al mondo, fondale profondissimo, ettari liberi nel retroporto, tecnologia avanzata, capacità umane e professionali. Eppure è in sofferenza, non riesce a lavorare a pieno regime. La crisi, la competizione spietata dei porti del nord’Africa certo. Ma non solo. La ‘ndrangheta, lo ribadiamo ancora una volta, che reca a questo Porto un danno doppio, sia per le infiltrazioni criminali, sia per il danno di immagine nel mondo che si traduce in mancati arrivi delle società internazionali. Ma anche una carenza di investimenti adeguati. E Forse, anche assenza della giusta attenzione. Lo capiamo parlando con gli addetti e i responsabili del Porto, che ci invitano a misurare le enormi potenzialità. Gioia chiama Roma, invocando un Governo attento e capace. Per essere competitivi nel mondo, per essere volano della Calabria e dell’Italia.<

Contenuti principali:
VIDEO - Muoversi in Sicilia
VIDEO - Salerno – Reggio, l’autostrada (quasi) infinita
VIDEO - Il Porto di Gioia Tauro
Extra:
VIDEO - Salvatore Ciccone: «I danni del Ponte che non c’è»
AUDIO - Grimaldi: «Gioia Tauro porto attrezzato ma non competitivo»

 

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