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Agiremo contro i fascisti. Salvini e Meloni li condannino

 
 
 
ROMA - Viceministro Matteo Mauri, che cosa ha pensato dopo il Circo Massimo di sabato?
"Che i fascisti sono sempre gli stessi e non cambieranno mai. Oggi sono ringalluzziti. Negli ultimi anni è stato creato un clima politico che li ha sdoganati".

Scusi, perché avete concesso la piazza agli ultrà di Ragazzi d’Italia e Forza Nuova?
"Credo sia stato giusto non vietare la manifestazione ma obbligarli a farla al Circo Massimo. Che è un luogo molto controllabile. Si è impedito che la violenza dilagasse in città. Avevano chiesto piazza del Popolo: gli è stata negata proprio per ragioni di ordine pubblico".

Insisto: davvero non pensa sarebbe stato il caso di vietare il raduno fascista, visti i proclami eversivi della vigilia (Repubblica ne dava conto da giorni, ndr)?
"È stato fatto valere il principio costituzionale che garantisce la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. Quella stessa Costituzione nata dalla Resistenza al fascismo, che loro professano e che la libertà di espressione la impediva".

Appunto. Si parla di gente che inneggia al duce e fa saluti romani.
"Non avevamo certezza di cosa sarebbe accaduto. Ma quello che è successo rappresenterà un precedente di cui si terrà conto".

Resta il fatto che estremisti e ultrà hanno aggredito giornalisti e polizia nel cuore di Roma.
"Sono fatti gravissimi che avranno delle conseguenze. Ne sono prova i tre arresti e i fermi. Le indagini sono ancora in corso".

Gli ultrà passano dalle curve alle piazze. Un salto mai visto prima. Che segnale è?
"Preoccupante. Che molte curve siano di estrema destra non è una novità. Ma che scendano direttamente sul campo della politica fa molto pensare. E il pensiero va indietro all’ex Jugoslavia, alla 'Tigre Arkan', che recluta gli ultrà della Stella Rossa Belgrado trasformandoli in milizie paramilitari. Il nostro contesto, per fortuna, è molto diverso".

Dal 30 maggio al 6 giugno a Roma ci sono state quattro manifestazioni di area sovranista e di estrema destra (più una a Milano). C’è chi soffia sulla rabbia sociale post Covid?
"Le regie sono diverse ma l’obiettivo comune: trasformare disagio e paura in rabbia sociale. Un’operazione che rischia di essere molto pericolosa. Il passato dell’Italia - terrorismo e eversione – ci insegna che dobbiamo tenere alta la guardia. Cosa chiara al Viminale e al ministro Lamorgese".

Alla costruzione di questo clima hanno contribuito anche partiti che siedono in Parlamento?
"Lo alimentano. Ci sono leader che condividono terreni di contiguità con formazioni di estrema destra, adottano i loro slogan, usano questi gruppi come massa di manovra".

Né Salvini né Meloni hanno condannato i fatti di sabato.
"È grave non abbiano trovato un minuto per farlo".

Come risponde lo Stato al ribellismo (anche eversivo) delle piazze nere-arancioni?
"Da un lato con tutti i provvedimenti economici messi in campo per dare risposte agli italiani in questo momento difficile. Dall’altro con le forze dell’ordine, le indagini, la magistratura. Il rischio derive violente è reale".

Perché lo scioglimento dei gruppi neofascisti non rientra nell’agenda politica del governo?
"La mia storia parla da sé: sarò sempre un militante antifascista. Penso si debba fare di tutto per sgonfiare le iniziative di questi gruppi. Ma soprattutto per bonificare il clima politico da certe ideologie".

CasaPound e Forza Nuova si dichiarano eredi del fascismo e sono gruppi violenti: non vanno sciolte?
"Bisogna rispettare le indicazioni scritte in Costituzione e nelle leggi che impediscono ogni tentativo di ricostituzione del disciolto partito fascista. Ma dobbiamo evitare che i 'nipotini' possano provare a passare per martiri. Più le cose si svolgono alla luce del sole e più è facile controllarle".

Vale anche in un altro senso: lasciandoli fare, vanno avanti. E fanno proseliti.
"C’è un limite a tutto. E tutto ciò che avverrà lo valuteremo con grande attenzione. Assumeremo decisioni e contromisure adeguate".
 
 
 
Da Repubblica (clicca qui per l'intervista sul quotidiano) del 08 giugno 2020 DI PAOLO BERIZZI

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