Elezioni USA

 
 
A 24 ore di distanza dalle elezioni americane, passate le prime reazioni a caldo, è necessario alzare la testa e fare qualche riflessione in più.
Io vi propongo la mia. Ditemi la vostra.
 
Lo dico subito, anch'io sono tra quelli che hanno sperato che vincesse Hillary. Anzi, ci ho proprio creduto. E quando ho visto girare gli "swing State" su uno come Donald Trump mi sono cadute le braccia.
Adesso però sarebbe sbagliato metterci ad a pontificare su quanto sia malata la Democrazia americana o, peggio, colpevolizzare quelli che hanno votato Trump. 
Se fosse andata diversamente saremmo qui a glorificare l'illuminato e progressista popolo USA per l'elezione della prima donna Presidente dopo il primo Presidente afro-americano. Peccato però che il Paese sia lo stesso e gli elettori siano gli stessi. Per capirci, gli stessi che hanno eletto Obama quattro anni fa. E allora, o la Democrazia americana era "malata" anche prima - ed è probabile - o non lo è diventata adesso perché ha eletto un multimiliardario misogino e protezionista. 
A maggior ragione perchè abbiamo visto che i dati complessivi (+ 200.000 voti assoluti a vantaggio di Hillary Clinton) sono molto diversi da quelli dei seggi (74 a favore di Trump) e che la vittoria di alcuni Stati determinanti è stata sul filo di lana.
Bisogna evitare la tentazione di pensare che "se gli elettori non mi hanno votato allora bisogna cambiare gli elettori", come recitava una vecchia battuta di Guzzanti. 
Insomma dobbiamo accettare il risultato, così come ha fatto subito Obama. Non dobbiamo però solo “farcene una ragione”, ma dobbiamo capirne la ragione. Cosa più difficile.
È chiaro che ci sono state responsabilità forti sul fronte democratico. Che la candidatura della Clinton non è stata ritenuta credibile da molti, a partire dai giovani e dai più "liberal". E il motivo sta certamente in alcune sue peculiarità politiche e molto anche nelle sue caratteristiche personali.
Ma è altrettanto vero che il peggioramento delle condizioni economiche date dalla crisi, le difficoltà della middle class e il peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone hanno avuto effetti pesanti. Hanno creato difficoltà quotidiane e incertezze sul futuro. In una Nazione dove, tra l'altro, il sistema di protezione sociale intesa all’europea non esiste o quasi. E la risposta è stata quella della chiusura a riccio. Di mettersi nelle mani dell'uomo solo al comando e di premiare chi si è presentato come fuori e contro l'estabilishment.
Una scommessa pericolosa che accentua ancora di più la logica iper-personalistica tipica degli Stati Uniti.
Anche perchè Trump è un Presidente sostanzialmente indipendente, eletto non solo contro i Democratici, ma anche senza il supporto del Partito Repubblicano. Una cosa più unica che rara.
Spesso si dice che si può imparare più dalle sconfitte che dalle vittorie.
E allora noi che lezione potremmo trarne in Italia e in Europa? Non è facile da dire. Anche perché si rischia di commettere un errore da provinciali se pensassimo a una relazione diretta tra realtà così diverse. Ma il tema di dare risposte in grado di ridare certezze economiche e garanzie sociali ai nostri cittadini c'è tutto. A maggior ragione visto che siamo in una situazione in cui i due elementi principali sono una crisi da cui si fatica a uscire e una pressione sempre crescente data dall’immigrazione.  
Altrimenti le risposte che stanno prendendo piede in questi anni da queste parti non solo potrebbero non esaurirsi ma anzi accentuarsi. E la dice lunga il fatto che gli americani si siano messi in mano a un Presidente che predica la chiusura fisica ed economica dento i propri confini nazionali e che fa del liberismo un credo.  
E per fare questo serve che si faccia tutti uno sforzo di responsabilità riaffermando il ruolo centrale della Politica, quella con la p maiuscola, quella che le risposte le sa immaginare e le sa dare.
La legge di Stabilità a cui stiamo lavorando in Parlamento va in questa direzione, sviluppo e maggiori garanzie sociali. Il braccio di ferro che abbiamo ingaggiato con l’Europa su flessibilità e buon senso va in questa direzione, e non solo nel nostro interesse, ma in quello collettivo dell’intero continente. Anche perché  il probabile disimpegno dal fronte internazionale degli USA farà ricadere sull’Unione Europea maggiori responsabilità e maggiori carichi economici. Ed è del tutto evidente che se – in questo passaggio delicatissimo -  l’Europa non si presenterà veramente unita, ma come somma di individualità ed egoismi nazionali, i rischi per noi tutti saranno grandissimi. E cioè, qui o si fa l’Europa oppure finisce male per tutti.
Un altro insegnamento che dobbiamo trarre dalla vittoria inaspettata di Trump è che le elezioni si giocano fino in fondo. Non sono mai nè vinte nè perse in partenza. E questo noi di Sinistra non ce l'abbiamo abbastanza chiaro in testa. Quando ci sentivamo in vantaggio sul centrodestra di Berlusconi abbiamo portato a casa - se va bene - solo vittorie mutilate (alle ultime politiche e prima ancora con Prodi), quando eravamo in svantaggio abbiamo perso male. Direi che sarebbe il caso di invertire la tendenza e imparare dagli errori.
Ma tornando agli USA. È stato eletto Trump, ok. Adesso ci sono motivi per preoccuparsi? Sì, c'è ne sono. E ce ne sono parecchi. Dalle conseguenze globali delle scelte che gli Stati Uniti potranno fare sul terreno della politica estera a quelle di politica economica. 
Trump si trova in una condizione di forza straordinaria non solo per la vittoria contro tutti e tutto, ma anche per gli equilibri favorevoli al Congresso e al Senato. 
E questo lo carica di ulteriori responsabilità. Vediamo come si muoverà. Insomma, speriamo che sia meglio di come si è raccontato fino a oggi. E in effetti peggio sarebbe difficile.

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